DOLORE DI SPALLA

La tendinite calcifica – Sintomi, diagnosi e trattamento

Cos’è? E perché si verifica?

È un deposito di calcio in uno dei tendini della spalla.

Ciò può verificarsi per due motivi:

  1. le cellule tendinee si trasformano in cellule produttrici di calcio per un processo che si chiama “metaplasia” (tendinopatia calcifica)
  2. il tessuto tendineo degenera a causa dell’invecchiamento e dell’usura, e successivamente calcifica (calcificazione degenerativa).

Nel primo caso, il deposito di calcio si trova nel contesto del tendine; nel secondo, in corrispondenza dell’inserzione del tendine sull’omero.

È frequente?

Studi epidemiologici hanno dimostrato che le calcificazioni di spalla sono presenti nel 20% dei pazienti con rottura della cuffia dei rotatori, nel 33% di coloro che hanno un acromion di forma uncinata, nel 15% dei soggetti affetti da spalla congelata o capsulite adesiva e nel 6.8% di tutti coloro che hanno dolore alla spalla Uno studio radiografico condotto su volontari sani ha evidenziato che il 4.9% dei soggetti ha una calcificazione di spalla.

Chi colpisce?

La tendinopatia calcifica è più frequente nei soggetti giovani adulti (età media 45 anni), di sesso femminile e dediti (41%) ad attività lavorative domestiche o sedentarie (27%). La calcificazione degenerativa è spesso presente in soggetti anziani (età media 65 anni) di sesso femminile; non è stata evidenziata una correlazione statisticamente significativa con l’attività lavorativa svolta.

Quali sono i sintomi?

Dolore in corrispondenza della faccia anteriore o laterale della spalla, che non si irradia oltre il gomito e non si estende al collo. Il dolore si acuisce durante il sollevamento del braccio e può essere presente anche di notte. Generalmente la mobilità della spalla è ridotta. È evidente che la tendinite calcifica simula i sintomi causati da una sindrome da conflitto subacromiale o da una rottura della cuffia dei rotatori.

Quale è la durata dei sintomi?

La calcificazione (da tendinopatia calcifica) segue un suo ciclo evolutivo. Ad ogni fase di questo ciclo corrisponde un differente quadro clinico. La prima fase è definita di “metaplasia fibrocartilaginea”. Seguono le fasi “formativa”, “calcifica”, “di riassorbimento” e “di ristrutturazione”. Tranne la prima, sono tutte potenzialmente responsabili di dolore. La fase di “riassorbimento” è la più dolente. La durata di ciascuna fase non è nota. Un nostro studio ha evidenziato che le prime due fasi possono durare oltre 12 mesi.

Come si fa la diagnosi?

L’esame radiografico (RX) in proiezione antero-posteriore con il braccio intraruotato ed extraruotato può essere sufficiente ad evidenziare una calcificazione. Per stabilire l’esatta localizzazione della calcificazione è più utile però l’ecografia.

Qual è il trattamento?

Dipende dalla fase del ciclo evolutivo. Se la fase è quella del “riassorbimento” ed il dolore non è particolarmente intenso, è preferibile perseverare con il trattamento conservativo (fisioterapia e farmaci antidolorifici). Se è quella “formativa” e non c’è stata una remissione dei sintomi con il trattamento conservativo vi può essere indicazione ad effettuare una o due infiltrazioni di un cortisonico, che dà spesso ottimi risultati. Possibili anche le infiltrazioni con EDTA che è un farmaco chelante (cioè che lega) il calcio.

Si può praticare inoltre una terapia con onde d’urto che dovrebbero “rompere” le calcificazioni favorendone il riassorbimento.

Se questo fallisce, vi è indicazione al trattamento chirurgico, che prevede o l’asportazione delle calcificazioni oppure anche la bursectomia (cioè rimozione della borsa sottoacromiale) in artroscopia.