Cellule mesenchimali, a cosa servono e quando si utilizzano?

Le cellule mesenchimali e, più in generale, la medicina rigenerativa rappresentano una delle sfide più attuali per il trattamento di patologie degenerative e per la traumatologia dello sport. Ma cosa sono e quando possono essere utilizzate? Risponde il dottor Claudio Manzini, Responsabile del reparto di Ortopedia e Traumatologia degli Istituti Clinici Zucchi a Monza.

«Le cellule mesenchimali – spiega il dottor Claudio Manzini, Responsabile del reparto di Ortopedia e Traumatologia degli Istituti Clinici Zucchi a Monza – sono cellule immature e indifferenziate che vengono prelevate dal midollo osseo o dal grasso del paziente, filtrate e poi iniettate nella zona in cui è presente un tessuto biologico danneggiato. Questi sono tessuti che hanno spesso bisogno di uno stimolo biologico per poter guarire o per rallentare il proprio processo degenerativo in corso.

La terapia con cellule mesenchimali permette quindi di rallentare e, in qualche caso, far regredire i processi degenerativi della cartilagine oltre a promuovere un più rapido processo di riparazione nei traumi sportivi. Tuttavia – precisa il dottor Manzini – è importante sottolineare che le cellule mesenchimali non “curano tutti i mali” delle articolazioni ma, se associate a particolari interventi chirurgici mirati, possono essere molto efficaci anche nelle patologie osteoarticolari ».

Artrosi, è vero che le cellule mesenchimali evitano la protesi?

L’utilizzo delle cellule mesenchimali nel trattamento di patologie come l’artrosi può portare a un miglioramento sensibile e, in alcuni casi, persino alla regressione della patologia. «Tuttavia – ribadisce il responsabile di ortopedia e traumatologia di Istituti Clinici Zucchi a Monza – ogni caso va valutato singolarmente. Il trattamento più efficace per un paziente può non esserlo altrettanto per un’altra persona. Le cellule staminali mesenchimali, quindi, possono essere un valido aiuto nel trattamento di determinate patologie, ma non essere sempre sufficienti a risolverle. Questo discorso è valido anche per molte altre branche della chirurgia ortopedica. Nella chirurgia protesica, per esempio, non esiste un unico intervento adatto a tutti, né una protesi ottimale per tutti. Esistono semmai – conclude il dottor Manzini – vie d’accesso e protesi più conosciute dallo specialista e più adatte per lo specifico caso, che consentono di posizionare al meglio la protesi. Infatti, per durare più di venti anni, le protesi devono innanzitutto essere posizionate bene».