Cellule mesenchimali: l’asso nella manica nei trattamenti osteoarticolari

Le cellule mesenchimali sono un valido alleato nei trattamenti di molti tipi di lesioni osteoarticolari. Si tratta di cellule indifferenziate e immature in grado di accelerare il processo di rigenerazione e guarigione in caso di tendiniti, artrosi, usura della cartilagine e lesioni muscolari. Ne parla il dottor Claudio Manzini, Responsabile dell’Unità Operativa di Ortopedia e Traumatologia I degli Istituti Clinici Zucchi a Monza, attivo nel settore della Medicina Rigenerativa da oltre 10 anni.

Cellule Mesenchimali: una nuova conquista della medicina

Le cellule staminali mesenchimali (MSC) sono cellule indifferenziate e immature normalmente contenute nel tessuto adiposo e nel midollo osseo del corpo umano. La loro peculiarità è di potersi “specializzare”, grazie a un procedimento di intelligenza biologica, trasformandosi nello stesso tipo di cellule con le quali entrano in contatto (cellule ospite). Per dirla con parole molto semplici, le MSC sono delle vere e proprie scatole di mattoncini con i quali “costruire” strutture cellulari specializzate e specifiche. Per questa loro capacità di adattamento e trasformazione, vengono definite “multipotenti”.

Il campo d’impiego delle MSC

Per quanto alcune recenti sperimentazioni, ancora non validate, suggeriscano che le cellule mesenchimali potrebbero trasformarsi anche in cellule nervose, epatiche o endoteliali, il loro campo di utilizzo, oggi, ha dimostrato la sua efficacia in ambito ortopedico, tanto da far nascere l’Ortopedia Rigenerativa. «Questo perché la capacità di specializzazione accertata delle cellule mesenchimali, è legata in modo particolare alla rigenerazione dei tessuti cellulari ossei, cartilaginei, tendinei e muscolari – spiega l’ortopedico. Oggi, con le cellule mesenchimali, è possibile trattare l’usura della cartilagine da artrosi, le patologie degenerative dei tendini e le lesioni muscolari da sport e non. Ottimi risultati si sono ottenuti anche nel trattamento dell’osteonecrosi della testa del femore, ovvero la morte degli osteoblasti, le cellule che danno origine all’osso, e nelle patologie della cuffia dei rotatori, per la spalla».

Il trattamento delle lesioni osteoarticolari con MSC

Il trattamento con le cellule mesenchimali è prevalentemente ambulatoriale e relativamente semplice. Si inizia prelevando dal paziente, in anestesia locale usando una speciale siringa, una sufficiente quantità di tessuto adiposo dalla pancia. Questo viene poi opportunamente ripulito e separato dal materiale di scarto per essere quindi inoculato nelle zone di interesse. «Il beneficio è rapido, perché l’azione delle MSC è quasi istantanea – commenta il dottor Manzini. Nei casi di artrosi al ginocchio, ad esempio, il paziente può iniziare a camminare già dopo mezz’ora dal trattamento, evitando però di svolgere attività pesanti o portare pesi, almeno nel primo giorno di trattamento.

Quando è indicato il trattamento con cellule staminali mesenchimali?

Non bisogna avere attese miracolistiche e dobbiamo porre molta attenzione alle false promesse di guarigioni miracolose. Il trattamento non è indicato nelle patologie osteoarticolari degenerative in fase avanzata e nelle donne in fase post-menopausa perché nel loro tessuto adiposo ci sono meno MSC rispetto gli uomini. Le cellule staminali mesenchimali da tessuto adiposo le uso già dal 2015 e finora abbiamo ottenuto risultati molto più promettenti nell’artrosi di ginocchio rispetto all’artrosi dell’anca. Nell’anca l’utilizzo primario è per la necrosi della testa del femore. Nei casi che presentano una importante alterazione della geometria articolare (es: ginocchio gravemente varo o valgo) l’impiego delle sole cellule staminali è assolutamente inutile, questo perché la causa lesiva principale, cioè la deformità dell’arto, permane e proseguirà la sua azione lesiva Diventa quindi fondamentale sottoporsi alla valutazione di specialisti qualificati, stando attenti ai “falsi profeti”.

Sviluppi terapeutici futuri

L’utilizzo delle cellule staminali mesenchimali è una pratica relativamente recente ma la ricerca è molto attiva. «Pertanto – conclude l’esperto – non escludo che nel prossimo futuro vi possano essere ulteriori sviluppi terapeutici ».