Diabete: aumenta rischio fratture, ma manca modello predittivo
I diabetici sono più esposti al rischio di fratture. Tuttavia ad oggi non esiste uno strumento di valutazione ossea in grado di compiere previsioni precise e aiutare i malati di diabete a prevenire le fratture. Commento a cura del dottor Claudio Manzini, Responsabile del reparto di Ortopedia e Traumatologia I degli Istituti Clinici Zucchi a Monza.
Negli ultimi anni sono aumentati in tutto il mondo i casi di diabete di tipo 2, una forma della malattia che si sviluppa a partire dai 40 anni e che colpisce in modo particolare soggetti obesi o sovrappeso. «Il dato è sicuramente preoccupante – spiega il dottor Claudio Manzini. – Infatti, esiste una correlazione tra diabete e rischio aumentato di fratture ossee rispetto ai non diabetici. Il fatto che non esistano, al momento, test o tool che permettano di identificare il rischio di fratture in questi pazienti, riduce la possibilità di fare prevenzione».
Alla ricerca del modello predittivo per le fratture
Due ricercatori dell’università canadese di Manitoba, William D. Leslie e Isanne Schacter hanno preso in esame la tecnica DXA ((Dual energy X-ray absorptiometry), attualmente utilizzata per valutare la massa ossea, per scoprire se potesse essere utilizzata anche come modello predittivo delle fratture in pazienti diabetici. «I risultati pubblicati su Calcified Tissue International, dimostrano che siamo ancora lontani dall’aver trovato un modello di riferimento che possa valutare concretamente il rischio – continua l’esperto.
In caso di fratture che richiedano un intervento chirurgico di riduzione della frattura o una protesi, come nel caso di fratture della testa del femore, per esempio, spesso dovute a caduta accidentale o traumi, i pazienti diabetici con patologia non adeguatamente compensata dalla terapia, possono avere inoltre un rischio maggiore di complicazioni quali infezioni e ritardo di guarigione».