l'importanza della fisioterapia in ortopedia

L’importanza della fisioterapia in ortopedia

Negli ultimi  anni l’immobilizzazione dopo un intervento ortopedico o traumatologico è stata ridotta al minimo. Il ruolo della fisioterapia in ortopedia

Quanto conta davvero la fisioterapia dopo un intervento chirurgico di tipo ortopedico? 

Tantissimo. 

Negli ultimi 20 anni l’immobilizzazione dopo un intervento ortopedico o traumatologico è stata praticamente ridotta al minimo.

Il ruolo del gesso è oggigiorno confinato ai margini della terapia ortopedica.  

Già alla fine degli anni ’80 ho iniziato a curare le lesioni legamentose del ginocchio con un recupero funzionale precoce evitando la rigidità articolare e l’ipotrofia muscolare. E, soprattutto, permettendo una guarigione ottimale di tutte le lesioni periferiche del ginocchio.

Il ruolo della fisioterapia: due esempi pratici

Due esempi lampanti recenti: la campionessa di sci italiana Sofia Goggia e lo sciatore norvegese Kjetil Jansrud, dopo una recente lesione dei legamenti del ginocchio saranno verosimilmente in grado di partecipare alle olimpiadi di Pechino grazie ad un intenso programma di riabilitazione senza nessun intervento chirurgico!

Il compito delle articolazioni è quello di muoversi, pertanto, quando c’è un problema articolare, dobbiamo mettere l’articolazione in condizione tale da muoversi il prima possibile per ripristinare la sua funzione e così stare bene.

Questo vale sia in traumatologia (=interventi per “aggiustare” le fratture) che in ortopedia (=interventi eseguiti in elezione, cioè senza urgenza, come l’impianto di protesi per curare l’artrosi e la ricostruzione dei legamenti del ginocchio)

In traumatologia, quando si ricompone un osso fratturato nella regione articolare, l’osteosintesi (cioè la ricomposizione dei frammenti mediante placche, viti o fili metallici) deve essere eseguita in modo stabile e anatomico (cioè senza “gradini” in articolazione) così da poter muovere precocemente le articolazioni adiacenti la frattura e prevenire la rigidità.

Se la sintesi è stabile, non c’è motivo di posizionare ingombranti e fastidiosi tutori. Bisogna muovere quanto prima, altrimenti i tessuti e l’articolazione si irrigidiscono e servirà una fisioterapia molto più intensa e dolorosa per poter recuperare il movimento e, a volte, anche un re-intervento per liberare l’articolazione (definito tecnicamente sblocco in narcosi con lisi delle aderenze articolari).

Anche una semplice meniscectomia selettiva in artroscopia (cioè l’intervento che si fa mediante due buchini nel ginocchio per togliere una piccola parte di menisco rotto) ha bisogno di un certo periodo di riabilitazione! 

È chiaro che la durata della riabilitazione è direttamente proporzionale al tipo di trauma e alla complessità dell’intervento a cui ci si è sottoposti.

Riabilitazione dopo la ricostruzione del crociato anteriore

Un esempio sempre attuale e pregnante: la ricostruzione del Legamento Crociato Anteriore (LCA) del ginocchio.

Gli interventi che si eseguono tuttora sono molto datati, risalgono addirittura agli anni ‘60-70.

È chiaro che una volta si effettuavano ampie incisioni per eseguire l’intervento, mentre oggi siamo assistititi dall’ artroscopia. Ma la vera rivoluzione è che oggi si mobilizza l’articolazione dopo poche ore.

I precedenza si applicavano gessi per settimane, con ovvie conseguenze nefaste in termini di rigidità articolare e di aumento dei tempi di recupero.

Per la ricostruzione del LCA possiamo affermare che, oggigiorno, già dopo tre settimane dall’intervento il paziente è solitamente in grado di camminare autonomamente e senza l’ausilio delle stampelle. Ma per tornare alle normali attività sportiva bisogna aspettare circa 4 mesi per la preparazione atletica. Mentre l’attesa va dai 9 ai 12 mesi per il rientro in campo.

Non dimentichiamo però che la riabilitazione deve essere corretta e controllata, seguendo protocolli precisi: il troppo esercizio non controllato piò essere dannoso.

protesi all'anca copertina

Il carico post operatorio sull’arto operato

Diversa è invece la questione del carico post operatorio sull’arto operato, cioè del peso che può sopportare l’arto. Questione valida principalmente per le fratture dell’arto interiore.

In questi casi è bene spiegare che i mezzi di sintesi (cioè placche, viti, chiodi, fili metallici) nella maggior parte dei casi servono per tenere insieme i frammenti ossei e permettere loro di guarire saldandosi, ma non sono fatti per sorreggere tutto il peso del corpo.  Un po’ come tagliarsi la pelle e venire “cuciti” con i punti… I punti servono a tenere vicini i lembi di cute e farli unire e guarire, ma non sono fatti per sostituire la pelle sopportando tutte le sollecitazioni. Tant’è che, sempre per continuare la similitudine, finché non si rimuovono i punti, non è possibile bagnare la pelle nella regione lesa.

In alcuni casi, il carico del peso durante il cammino può essere concesso, come ad esempio nella ricostruzione del LCA o in una frattura della rotula.

Sempre per l’artroscopia con ricostruzione del LCA, qualora si andasse ad effettuare una sutura di un menisco, il carico dovrà essere prossimo allo 0 per il primo mese; la mobilizzazione invece sarà comunque precoce.

In altri casi ancora invece, come nella frattura dei piatti tibiali o dei condili femorali, la concessione precoce del peso corporeo comporterebbe lo sfondamento delle superfici articolari. 

Quindi: NO carico, ma mobilizzazione precocissima dell’articolazione.

Anche nella chirurgia protesica la riabilitazione gioca un ruolo importantissimo.

Nelle protesi di ginocchio ci sono protocolli di riabilitazione standardizzati su cui non si discute. Fondamentale è il precoce recupero di flessione soprattutto di estensione totale.

Niente fisioterapia dopo una protesi d’anca? Falso

Purtroppo, recentemente, nell’ambito delle protesi d’anca, alcuni chirurghi superficiali e falsamente professionali, propagandano alcune vie d’accesso all’anca come la nuova frontiera chirurgica che renderebbe così non più necessaria la fisioterapia.

Nulla di più falso! Anche nella chirurgia mininvasiva dell’anca (che sia per via anteriore o per via posterolaterale) il recupero funzionale è obbligatorio.  Recupero muscolare, articolare, propriocettivo, rieducazione al passo. Fondamentali per un una ripresa ottimale e per garantire all’osso e all’organismo i tempi di integrazione progressiva tra il corpo umano e il corpo estraneo (cioè la protesi).

Specificamente, un’anca artrosica (cioè con la cartilagine tutta consumata) si deforma e modifica patologicamente la sua geometria.

Pertanto, la protesi, oltre a togliere il dolore, deve ripristinare la geometria più normale possibile riportando, insieme alla riabilitazione, la meccanica articolare il più vicino possibile a quella fisiologica.  Questo porterà ad una lunga sopravvivenza dell’impianto.

Il chirurgo più bravo non è quello che non ti fa fare riabilitazione ma è quello che ti fa durare la protesi il più a lungo possibile posizionandola in modo ottimale.

È per questo che l’interazione e la collaborazione tra ortopedico, fisiatra, fisioterapista e preparatore diventa fondamentale per risultati soddisfacenti e duraturi. 

La terapia ortopedica non porta mai guarigioni in pochissimo tempo. Ci sono sempre dei tempi biologici da rispettare. 

La verità sui gessi

Un cenno, infine, ai gessi: sembrano un trattamento anacronistico! Grossi, goffi, pesanti. Eppure sono segno del passaggio dell’ortopedico nel folklore! Guardate questo, peraltro confezionato in modo dubbio…

riabilitazione sempre meno gessi

L’indicazione al confezionamento di un gesso è ormai sempre più limitata ma, quando indicati, hanno ancora oggi una ottima validità e, se fatti a regola d’arte, possono avere risultati di guarigione eccellenti.

Il mio pensiero si rivolge principalmente all’ingessatura delle fratture di polso (frattura di Colles) tipiche dell’adulto e soprattutto dell’anziano con osteoporosi. O ancora, all’estremo opposto, alle fratture dei bambini che, quando ingessate correttamente, presentano dei potenziali di guarigione impressionanti. 

Per il resto, i gessi sono oramai praticamente abbandonati e, qualora esistesse una necessità di immobilizzazione, viene preferibilmente messa in atto mediante tutori, che, seppur più costosi, risultano decisamente più pratici e versatili.