La chirurgia di protesi d’anca ha quasi 50 anni, ma è ancora giovane
I primi interventi negli anni ‘70. Materiali, design, tecniche: quali sono i cambiamenti e i progressi della chirurgia protesica dell’anca? Lo spiega il dottor Claudio Manzini, Direttore dell’Unità Operativa di Ortopedia 1 degli Istituti Clinici Zucchi di Monza, che vanta un’esperienza pluridecennale sulla protesica di anca, con oltre 10000 interventi eseguiti come primo operatore.
Prima degli anni ‘90, la ricerca scientifica era orientata principalmente sulla chirurgia di ginocchio. Con l’introduzione di nuovi materiali (il titanio, ad esempio) e lo sviluppo delle tecniche mininvasive, la chirurgia protesica ha rivolto la sua attenzione anche all’anca. Già negli anni ‘70, all’inizio si impiantavano protesi cementate di cui, alcuni modelli, vengono usati ancora oggi con risultati eccezionali. Successivamente, si iniziò a disegnare modelli protesici con steli più corti e inserimento di un’intercapedine (detta inserto) tra la testa della protesi e l’acetabolo. Recentemente, la protesi metallo-metallo è stata sostituita dalla protesi in ceramica, che consente una sicurezza maggiore e evita reazioni allergiche o tossiche provocate dagli ioni di cobalto contenuti nel metallo. Oltre alla bioingegneria e alla tecnologia meccanica, anche lo sviluppo di tecniche mininvasive è stato utile per migliorare le soluzioni protesiche dell’anca. Va ricordato che “mininvasivo” non significa “taglio più corto” rispetto alle tecniche tradizionali, ma intervento di maggior precisione, che non compromette tessuti, muscoli e nervi circostanti, protegge l’osso e limita il dolore post-operatorio. Senza dubbio, la chirurgia protesica dell’anca è migliorata negli ultimi 10-15 anni anche grazie alle biotecnologie e all’uso di terapie con cellule mesenchimali, all’attenzione rivolta al pre e post-operatorio, e al recupero funzionale.
Grazie a tutti questi accorgimenti, oggigiorno la protesi d’anca non è più un trattamento destinato solo agli anziani, ma anche a pazienti relativamente giovani che possono tornare a svolgere una vita pressoché normale.
Un ruolo importante nel ridurre l’incidenza delle gravi disabilità conseguenti alla displasia congenita dell’anca, patologia relativamente frequente in Brianza, spetta infine alle tecniche di screening ecografico volte a un precoce riconoscimento e trattamento della problematica.